Circa l’importanza di raccogliere, conservare e gestire i dati aziendali prodotti da qualsiasi attività, non dovrebbero esserci più dubbi. Il discorso cambia, però, quando si passa a valutarne l’effettiva utilità. Capire cioè, se, come e quanto queste informazioni vengano trasformate in supporto alle strategie e alle decisioni. Quanto, in pratica, si sia in linea con un concetto di maturità del dato.
Dietro la definizione estremamente sintetica, si nasconde una realtà decisamente più articolata. Giustamente, perché dalla maturità del dato dipende buona parte delle fortune per un qualsiasi attività imprenditoriale.
La trasformazione digitale e la connettività diffusa hanno portato alla disponibilità di una enorme quantità di informazioni, anche dove non espressamente voluto. La distinzione tra limitarsi a conservarle e trasformarle in valore aggiunto può fare la differenza.
Maturità del dato: cambio di visione
Molto spesso, infatti, ci si limita a sfruttare i dati aziendali per semplici analisi parziali e a posteriori, circoscritte alle richieste di un singolo. Con un maggiore livello di organizzazione e investimento in strumenti di analisi, si può invece già arrivare a informazioni uniformi in grado di essere condivise e confrontate a un livello aziendale più esteso.
Andando oltre, si può spostare l’asse temporale dal passato al futuro, aggiungendo anche principi di analisi predittiva. Dove però è necessario iniziare a pensare a strumenti più sofisticati, capaci cioè di valutare l’importanza delle informazioni e correlarle in modo dinamico, senza fermarsi alla stessa natura.
Infine, al livello di maggiore maturità del dato, si può arrivare ad applicare strumenti di apprendimento automatico e relativa intelligenza artificiale. Si avrà così la possibilità di valutare più scenari possibili e le relative conseguenze, preparando la propria organizzazione ad affrontare diverse evoluzioni.
Ogni passaggio comporta naturalmente disponibilità di risorse, competenze e tempi diversi, con relative organizzazioni. D’altra parte, trascurare il problema può avere ripercussioni importanti, mentre per chi è pronto a investire i vantaggi non tardano ad arrivare. Secondo il Rapporto Annuale 2021 di Istat, durante la pandemia solo il 4,1% delle imprese considerate digitalmente mature ha dovuto affrontare un ridimensionamento delle attività, contro quote più che doppie di imprese nelle altre categorie.
Per tutti, l’importante è inquadrare come ormai il dato sia un fattore fondamentale per la crescita aziendale e limitarsi ad accumularne non è certo sufficiente. D’altra parte, oltre ai relativi strumenti serve definire anche strategie di crescita e non aver paura di condividerli, al servizio dei processi decisionali.
Naturalmente, per fare tutto questo servono le relative competenze, non necessariamente presenti all’interno di ogni organizzazione. Quindi, un passaggio importante può essere valutare la decisione di aprirsi a un servizio esterno, dove la consulenza di esperti specializzati sull’argomento e capaci di entrare in sintonia con i propri processi dimostrerà presto tutta la propria validità.
Il valore dei dati aziendali
Esattamente come i prodotti, i brevetti, il personale o i finanziatori, oggi i dati devono essere riconosciuti come una delle primarie risorse aziendali. In questo caso però, il costo non è tanto legato ad acquisirli, quanto invece proprio a sfruttarli a dovere.
Qua è dove si valuta la maturità del dato aziendali. Quando si è in grado di elaborarli per trasformarli in informazioni strategiche, la strada è certamente quella buona. Ancora meglio, se si è in grado di valutare tutto questo in modo preciso, esattamente come si fa per una vendita o un investimento in marketing. In questo modo sarà anche possibile dimostrare a tutte le figure aziendali coinvolte, l’effettiva utilità di dedicare tempo alla lettura dei dati e la relativa gestione.
Le domande da porsi
Per arrivarci, è utile progettare un percorso per gradi. Prima di tutto, con una valutazione dello stato attuale di maturità del dato. Basta porsi una serie di domande, dalla disponibilità delle informazioni al relativo livello di utilizzo; solo consuntivo oppure anche previsionale, basato su semplici modelli predittivi statici oppure sfruttando l’intelligenza artificiale.
Sulla base di questo, occorre fissare un traguardo in linea con gli obiettivi aziendali e le disponibilità di investimento, per capire fino a quale livello i benefici si possano tradurre in vantaggi strategici. In questa circostanza, il parere di un esperto in materia con una visione più ampia del mercato si rivela fondamentale, anche per individuare i punti deboli all’interno dei propri processi.
Per rendere questa operazione più concreta, si può partire da una serie di semplici domande, alla prova dei fatti, probabilmente molto meno banali di quanto possano sembrare ,e proprio per questo, utili a inquadrare la propria realtà.
Per esempio, se si conosce effettivamente la natura e l’origine dei dati disponibili, così da stimare meglio il relativo valore. Oppure, se e quanto al momento risultino di supporto alle decisioni. Ancora, quanto contribuiscano effettivamente alla crescita aziendale.
Si parla, in questo caso, di valore intrinseco del dato. Per un quadro più completo, si possono aggiungere altrettanti interrogativi legati all’aspetto finanziario. A partire dal potenziale danno economico in caso di perdita o indisponibilità, anche parziale. Oppure, se possano tornare utili in sede di condivisione o scambio. Infine, anche in questo caso il contributo alla crescita, visto però dal punto di vista dell’apporto ai ricavi aziendali.
A completare il quadro, in entrambi i casi vanno tenuti in considerazione tutti relativi aspetti legati alla governance. Vale a dire, la conformità con tutto quanto riguardi aggiornamenti e valutazioni periodiche e naturalmente la sicurezza.