Protesta studenti sul caro affitti: è un problema tecnologico?

Introduzione

Di recente il caro affitti, un problema latente ma poco seguito fino ad ora, è tornato alla ribalta con la protesta dei giovani universitari accampati davanti agli atenei italiani. Come succede spesso, il dibattito si concentra su argomenti discutibili: si punta il dito sui giovani, rei di non aver voglia di fare nulla e si avanzano proposte che rischierebbero di essere inefficaci o per giunta controproducenti.

In questo articolo analizzeremo le possibili cause di questo fenomeno, i possibili effetti e soprattutto cercheremo di suggerire delle possibili soluzioni.

Il fenomeno del caro affitti

Partiamo considerando il problema in maniera più ampia, guardando il mercato delle locazioni in Italia per le grandi città e per i capoluoghi. In questo contesto consideriamo il bilocale che è la tipologia più richiesta –  il 39% rispetto al 32,2% del trilocale – e anche quella che ha registrato prezzi più alti, un incremento del 4,2% rispetto al 3,9% del monolocale e al 4% del trilocale.

Il grafico espone la costante crescita del canone di locazione dal 2015, con un breve arresto nel 2020 a causa del Covid e una ripresa dal 2021.

 

Figura 1 – Andamento dei canoni di locazione per bilocale in Italia (2012-2022) Fonte: Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa

 

Le possibili cause

Le ragioni del rialzo dei prezzi sono da ricercarsi nel rientro, dopo la pandemia, di alcuni lavoratori e degli studenti fuori sede e nell’aumentata richiesta di chi non può comprare una casa a causa dei tassi di interesse più elevati sui mutui.

Il problema in Italia è più forte a Milano, la città più ricca e più dinamica del Paese e negli anni oggetto di una serie di politiche pubbliche atte a migliorarne la qualità della vita e la sostenibilità ecologica. L’esempio più emblematico è la vasta scala di Ztl che prevedono il divieto di accesso ai veicoli inquinanti. Nonostante il nobile intento, questi provvedimenti non sono scevri di effetti collaterali, di cui il più evidente è la progressiva restrizione dell’offerta di affitti in città. L’esclusività di alcune aree cittadine ha reso più difficile l’accesso ai servizi a coloro che vivono nelle periferie, rendendo più appetibile il centro e innalzando la domanda di case nella città metropolitana, sempre a discapito delle periferie. Nell’immagine è evidente l’aumento delle quotazioni immobiliari nell’aera metropolitana rispetto all’hinterland milanese.

Figura 2 – Crescita del prezzo minimo degli immobili di tipo “Abitazioni civili” in stato “Normale”, 1999-2022 per i comuni delle province di Milano e Monza-Brianza. Scala in 10 quantili. Fonti: Omi, Agenzia delle entrate; Lavoce.info.

 

Guardiamo ora più da vicino le proteste degli studenti focalizzandoci sugli ostacoli che hanno di fronte. Prima di tutto il trasporto. Restiamo sempre nella provincia di Milano e supponiamo che un ragazzo di Senago, comune di più di 20.000 abitanti, debba prendere ogni mattina i mezzi per arrivare all’Università Statale di Milano. Senago dista dall’Università circa 16 chilometri e per percorrerli lo studente impiegherebbe un’ora, ebbene sì un’ora per soli 16 chilometri. Quindi, il primo ostacolo è proprio il trasporto pubblico e il collegamento con la città, le università sono poi concentrate maggiormente nei centri, facendo ancora una volta diminuire l’offerta di abitazioni in città e aumentare i prezzi.

Allontaniamo la lente di ingrandimento considerando ora tutto il territorio italiano e poniamoci una domanda: dove sono concentrate le migliori università? Secondo il QS World University Rankings 2023, i migliori atenei sono al nord e a Roma, un’altra città dilaniata dal caro affitti. Frequentare una di queste università semplicemente aumenta la probabilità di trovare un lavoro in linea con le competenze acquisite, dato che uno dei criteri della classifica si basa sul grado di soddisfazione degli ex studenti sull’aver acquisito competenze utili e spendibili sul mercato del lavoro, ma anche una RAL più alta. L’University Report del 2022 di Job Pricing ha riportato come le università del nord permettono di ricevere un salario più alto non solo nei primi anni di lavoro, ma per tutta la durata della vita lavorativa. Questo fenomeno spinge ulteriormente la domanda di immobili non solo per studenti, ma anche per lavoratori, e il conseguente l’aumento dei prezzi. Il secondo ostacolo consiste quindi in una scelta più o meno obbligata verso le università del nord e l’emigrazione di molti studenti che alimentano inconsapevolmente la spirale dei prezzi.

Anche il digitale ci ha messo lo zampino, diventando probabilmente una delle cause di questo fenomeno. Emblematico è il caso di Airbnb, noto sito per affitti brevi usato da molti turisti. La colpa di Airbnb sarebbe quella di rendere più conveniente per un host la soluzione di affitti brevi riducendo quindi l’offerta. Secondo uno studio condotto nel 2020 da Tortuga, un think tank di studenti, ricercatori e giovani professionisti, la penetrazione di Airbnb ha sicuramente influenzato l’andamento dei prezzi delle case e degli affitti. In particolare, ad un aumento dell’1% della penetrazione di Airbnb corrisponde un aumento del 6,7% nei prezzi delle case e del 5,7% nei prezzi degli affitti.

 Gli effetti

Perché questo fenomeno dovrebbe preoccuparci? È possibile che sia solo un evento transitorio, che si sistemerà con il tempo quando la domanda di casa diminuirà rispetto all’offerta? Forse, ma se il caro affitti dovesse persistere potrebbero verificarsi due pesanti ricadute collegate alle preferenze degli studenti:

  • una diminuzione significativa dei laureati in Italia,
  • un aumento del fenomeno di emigrazione dei laureati italiani all’estero.

Per capire bene gli effetti guardiamo i salari relativi dei laureati rispetto ai diplomati secondo l’University Report 2022 di Job Pricing. In Italia i laureati, triennale o magistrale, guadagnano il 40,1% in più rispetto ai diplomati, ben al di sotto della media europea del 49,7% e se guardiamo la fascia d’età da 25-34 anni, il rapporto è decisamente inferiore, solo il 14% e la distanza dalla media europea più ampia, 54,9%.

Figura 2 – Salari relativi di chi possiede un’istruzione terziaria rispetto a chi possiede solo il diploma per tutta la forza lavoro, numero indice (Diploma=100). Fonte: Job Pricing, University Report 2022

Un diplomato si trova quindi davanti a una scelta importante: valutare il rendimento dell’università, e dai dati è chiaro come l’investimento in istruzione universitaria sia poco attrattivo e generalmente più conveniente in altri paesi europei.

Esistono delle soluzioni?

I dati ci hanno mostrato come la concentrazione delle università all’interno della città o nel centro sia determinante nel fenomeno del caro affitti. Una soluzione potrebbe essere quella di spostare le università dal centro alla periferia o addirittura fuori dall’area metropolitana, costruendo campus in zone non congestionate con alloggi sia per universitari sia per i dottorandi. Una soluzione che attenuerebbe la spinta dei prezzi nella città. Questo risolverebbe parte del problema, dato che non sono solo gli studenti a cercare casa, ma significherebbe cominciare a guardare il caro affitti per ciò che è, il risultato di tante concause diverse che vanno gestite singolarmente. Questa soluzione inoltre richiederebbe un investimento che avrebbe effetti solo nel lungo periodo. Uno dei modi migliori per gestire il fenomeno nel breve invece, a patto che ci sia la volontà di seguire la prima soluzione, potrebbe essere una revisione delle borse di studio, allo scopo di ampliare i criteri di accesso e destinare più risorse nella costruzione di alloggi universitari.

Alcune risposte, provenienti soprattutto dalla politica, invece si concentrano su modalità di trasferimento di denaro ai giovani, ma questo non farebbero altro che alimentare la catena dei prezzi dato che il costo del trasferimento ricadrebbe proprio sui giovani. Se il proprietario di un immobile sa che lo studente dispone di più denaro cosa farà? Lascerà l’affitto invariato?

L’offerta digitale, in particolare il settore della sharing economy, come abbiamo visto può sembrare una causa determinante, ma in realtà parliamo di un effetto molto limitato e che a volte può addirittura rivelarsi utile. La diffusione di soluzioni con Airbnb è senz’altro un fenomeno che va regolamentato e infatti altri Paesi sono già intervenuti in proposito, come nell’assegnazione delle licenze o nel fissare un tetto nel numero di notti. Per fare alcuni esempi, a Parigi gli host hanno l’obbligo di iscrizione ad un registro pubblico, a San Francisco il limite di notti è di 90 giorni se il proprietario non risiede nell’appartamento e a Barcellona ogni host deve affittare massimo due stanze e deve risiedere nell’appartamento. Bisogna precisare però che la diffusione di Airbnb nel territorio italiano è molto irregolare, con una concentrazione maggiore nelle città d’arte come Firenze e soprattutto molto collegata alla stagionalità, per regioni come la Puglia e la Liguria in estate o il Trentino sia in estate che in inverno. Quest’ultima osservazione suggerisce che l’effetto di Airbnb è importante, ma le cause del caro affitti non sono collegate ad esso, è solo la punta dell’iceberg: il caro affitti ha radici più profonde. Airbnb ha dato poi un importante sostegno all’accrescimento del turismo rurale, contrastando lo spopolamento e rilanciando le economie locali nel settore dell’intrattenimento, delle agenzie di viaggio, dei trasporti e dell’hospitality e portando significativi contributi alle microimprese nel settore del turismo. La tecnologia e il digitale, quindi, possono portare molti effetti positivi se si sa come usarle.

Esempi di sinergia tra comuni e offerta digitale sono l’accordo  di collaborazione siglato tra il comune di Milano e la stessa Airbnb, che  impegna quest’ultima a promuovere affitti a canone concordato, tra i quali quelli stipulati con gli studenti di durata tra i 6 e i 36 mesi e Be.long, progetto di Destination Florence Convention & Visitors Bureau con il comune di Firenze, il cui obiettivo è fornire informazioni per chi vuole trasferirsi nel capoluogo toscano, attraverso una sezione dedicata alla ricerca dell’alloggio e mettendo a disposizione documenti per cittadini europei ed extracomunitari, una mappatura di tutte le università straniere, delle scuole e degli spazi coworking.

Il caro affitti nei grandi centri universitari ha le sue radici nell’aumento del tasso di scolarizzazione, un fenomeno senz’altro positivo, ma se non vogliamo scoraggiarlo o addirittura invertirlo, allora dovremmo prendere coscienza delle riforme strutturali necessarie per gestire le sfide del futuro, tra i quali vi è una concezione di accesso universitario non più esclusivo, ma di massa. Un cambiamento di visione urgente affinché in futuro lo studio sia ancora considerato un diritto per tutti.

Fonti:

https://cdn-tecnocasagroup.medialabtc.it/it/sites/2/2023/05/Mercato-affitti-IIsem2022-Gruppo-Tecnocasa.pdf

https://lavoce.info/archives/101083/citta-piu-aperte-contro-il-caro-affitti/

https://www.eurostudent.eu/download_files/documents/IB_housing_200813.pdf

https://www.jobpricing.it/

https://www.italiaoggi.it/news/l-antidoto-al-caro-affitti-e-nell-offerta-digitale-2537564

https://www.millionaire.it/airbnb-un-importante-sostegno-per-leconomia-dei-piccoli-borghi-italiani/

https://www.tortuga-econ.it/wp-content/uploads/2020/06/new-airbnb-sponsor.pdf

https://belong.destinationflorence.com/

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