Expedition 33: una fuga di talenti da Oscar

Il mondo dei videogiochi è in fermento per l’arrivo di Expedition 33, un titolo che sta già facendo parlare di sé come uno dei possibili candidati al GOTY (Game Of The Year, gli oscar del mondo videoludico). In questa occasione non parleremo del gioco in sé, ma della vicenda che porta alla sua nascita e di cosa questa può insegnare a qualsiasi realtà aziendale attenta al valore del proprio capitale umano. La storia di Expedition 33 è, infatti, la storia di una rinascita creativa, nata dalle ceneri di un’esperienza precedente all’interno di uno dei colossi dell’industria: Ubisoft. 

Da Golia a Davide: l’origine del team 

Ubisoft è innegabilmente uno dei giganti del settore videoludico, un nome che evoca franchise di successo globale e team di sviluppo vasti e strutturati. Lavorare per una tale realtà offre opportunità immense, accesso a risorse considerevoli e la possibilità di contribuire a progetti di grande risonanza. Tuttavia, come spesso accade nelle grandi organizzazioni, le strutture complesse, le pipeline di produzione consolidate e le esigenze di mercato su larga scala possono, talvolta, porre dei limiti alla pura espressione creativa individuale o di piccoli gruppi. 

È in questo contesto che un gruppo di sviluppatori di talento, con anni di esperienza maturata proprio tra le fila di Ubisoft, nel 2020 decide di staccarsi e di fondare Sandfall Interactive, la casa dietro “Clair Obscure: Expedition 33”. 

L’occasione persa da Ubisoft 

5 anni dopo il gioco viene rilasciato ed è un successo immediato: 1 milione di copie vendute in 3 giorni e disponibile dal Day One sul servizio Game Pass di Microsoft, viene accolto da pubblico e critica come una delle migliori produzioni dell’anno. Fin dai primi minuti di gameplay traspare la grande passione che il team ha messo nello sviluppo di quest’opera. Opera che riesce nel difficile compito di rinnovare il genere JRPG (Japanese Role-Playing Game) senza snaturarlo e anzi, rendendolo godibile ad un pubblico molto ampio. Come si evince dal nome questa è una categoria di prodotti che incontra facilmente i gusti orientali, ma che in occidente fa più fatica: c’è chi li ama e chi lo odia. Tra dialoghi e combattimenti a turni, elementi tipici del genere, la storia parla (senza fare spoiler) della Spedizione 33, un gruppo di combattenti il cui scopo è fermare un’entità oscura, la Pittrice, che anno dopo anno dipinge un numero su un monolite causando la morte di tutte le persone che hanno vissuto quel numero di anni. Una trama originale costruita sulle fondamenta di un genere per niente mainstream, aspetti che sottolineano la portata del successo di questo gioco.  

Ubisoft, nel frattempo, sta passando un periodo complicato. Tra titoli che non hanno raggiunto le previsioni di vendita, problemi finanziari e una sempre più calante fiducia del pubblico affezionato, la casa francese avrebbe sicuramente trovato un importante occasione di rinascita da un successo di questa portata.  

La lezione per le aziende: oltre il know-how, la perdita invisibile 

La vicenda di Expedition 33 ci può insegnare qualcosa che trascende il mondo dei videogiochi per diventare una parabola significativa per il mondo aziendale in generale. Quando un dipendente di valore lascia un’organizzazione, la perdita più ovvia e immediatamente percepibile è quella del know-how: competenze tecniche, conoscenza dei processi interni, esperienza specifica nel ruolo. È una perdita tangibile, spesso quantificabile. 

Tuttavia, c’è un’altra perdita, più sottile ma potenzialmente molto più dannosa a lungo termine: la perdita di creatività, passione e visione. Queste qualità intangibili sono il vero motore dell’innovazione. Sono la scintilla che trasforma un compito in un progetto entusiasmante, un prodotto funzionale in un’esperienza memorabile, un’idea convenzionale in una soluzione rivoluzionaria. 

Quando persone cariche di questa energia lasciano l’azienda, non portano via solo le loro competenze tecniche. Portano via la loro capacità di immaginare il futuro, il loro entusiasmo contagioso, la loro dedizione che va oltre il semplice “fare il proprio lavoro”. E, come dimostra la storia del team di Expedition 33, questa energia non si disperde nel nulla. Trova un nuovo terreno fertile dove attecchire e prosperare. 

Il talento che fiorisce altrove 

La passione e la creatività di cui avrebbe potuto beneficiare l’azienda di origine diventano il carburante per nuove iniziative, startup innovative o diretti concorrenti. L’azienda non perde solo un dipendente; potenzialmente, regala al mercato un futuro innovatore, qualcuno che potrebbe definire i nuovi standard del settore. 

Questo non significa demonizzare chi sceglie di andarsene, né colpevolizzare le aziende che, fisiologicamente, vedono un certo turnover. Significa, però, riflettere profondamente su quanto valore viene attribuito non solo alle competenze tecniche, ma anche a quelle soft skill e a quelle spinte motivazionali che rendono un collaboratore veramente prezioso. 

Coltivare la passione interna: un investimento strategico 

La storia di Expedition 33 dovrebbe servire da monito e da ispirazione. Ci ricorda che investire nel benessere dei dipendenti, offrire spazi di autonomia e creatività, riconoscere e premiare la passione e l’iniziativa non sono solo “benefit” accessori, ma strategie fondamentali per la talent retention e per la crescita sostenibile. Creare un ambiente dove la creatività possa fiorire internamente è il modo migliore per assicurarsi che quella scintilla preziosa continui a illuminare i progetti dell’azienda, invece di andare ad accendere fuochi altrove. 

In conclusione, mentre attendiamo con impazienza di vedere se Expedition 33 riuscirà a portarsi a casa qualche premio, la sua storia ci ha già regalato una lezione importante: il talento è un ecosistema complesso, fatto di competenze, certo, ma anche e soprattutto di passione e visione. Lasciare che queste fiammelle interiori si spengano lentamente e portino poi a perdere ottime persone non è solo un costo operativo ma è anche una potenziale rinuncia a un futuro più brillante, un futuro che qualcun altro sarà ben felice di costruire. 

Sul blog trovate un articolo sul Quiet Quitting: le grandi dimissioni

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