Il Metaverso oltre l’Hype: la prossima frontiera della Realtà Digitale

A due anni dalla nascita di Meta e scemata la prima ondata di curiosa aspettativa, è possibile fare il punto sullo stato di sviluppo del Metaverso e delle tecnologie abilitanti di questo nuovo mondo digitale basato sulla virtualità. Finora abbiamo assistito al classico ciclo di Hype, dove gli attori del panorama Tech si sono sfidati nei proclami, destando perplessità tra gli osservatori più accorti e vedendo nascere al contempo una miriade di esperti, aziende e agenzie pronti a cavalcare un interesse improvviso e globale, seppur basato su promesse confuse ed evanescenti. 

Qual è dunque il “residuo fisso” del Metaverso dopo l’evaporazione della prima bolla? 

Dove si trova, nel momento in cui ci troviamo a scrivere, il reale valore derivante da un mondo virtuale condiviso? Forse non dove ci è stato detto di guardare. Le piattaforme social basate su mondi virtuali esistono da più di vent’anni. Mentre scrivevo la mia tesi di laurea sugli ambienti virtuali fu lanciato Second Life: un fenomeno che ha goduto di altrettanta aspettativa ma che, seppure ancora utilizzato da circa un milione di utenti, ha disatteso le aspettative, forse illuse, dimostrando l’inconsistenza di alcune assunzioni sull’utilità di trasporre alcune attività reali in un mondo 3D.  Ad esempio, perché dovremmo perdere tempo muovendoci tra gli scaffali di un supermercato virtuale, quando su Amazon posso accedere a ciò che voglio in pochissimi secondi con una comoda interfaccia tradizionale? 

Decentraland, The Sandbox e la miriade di nuove piattaforme autoproclamatesi metaversi ripercorrono la stessa strada già battuta da Second Life, senza aggiungere nulla di nuovo. Il valore effimero di poter gridare “sono entrato nel Metaverso!” si è esaurito da tempo. Si potrebbe aprire un intero capitolo sul tema NFT, ma non è l’obiettivo che ci poniamo in questa analisi. 

Un discorso a parte può essere fatto per altri MMO (acronimo di Massively Multiplayer Online games) come Roblox o Fortnite, dove l’enorme quantità di utenti attivi giustifica azioni di branding finalizzate ad avvicinare un target specifico di potenziali clienti, altrimenti difficilmente raggiungibili.  È il caso ad esempio di Nike, Adidas, Gucci, Moncler e più recentemente D&G, brand che continuano a investire nella presenza su queste piattaforme per fare Brand Awareness, intercettando i consumatori del futuro. Tuttavia, anche in questo caso è improprio parlare di “investimenti nel Metaverso”, quanto piuttosto di strategie di visibilità nel mondo gaming. Nulla di nuovo, quindi: Pepsi e McDonald’s erano presenti nei videogiochi già negli anni Ottanta. 

In queste piattaforme è però possibile apprezzare lo stato dell’arte delle tecnologie virtuali applicate alla socialità, le stesse su cui dovrebbe fondarsi il Metaverso così come è stato presentato da Meta. Proprio dal gaming è possibile cogliere il principale limite tecnologico alla sua nascita: l’inesistenza della tanto agognata interoperabilità. Ad oggi non esistono protocolli che ci consentano di muoverci tra mondi virtuali diversi portando con noi gli elementi che costituiscono la nostra identità digitale: se acquisto o creo qualcosa di personale in un mondo virtuale, non posso sperare di ritrovarlo identico, o debitamente reinterpretato, in un altro mondo con caratteristiche diverse. Non posso quindi operare come farei nel web, dove protocolli standard permettono la continuità di esperienza tra siti diversi. Un piccolo passo in avanti è stato fatto da Ready Player Me, servizio di generazione di asset interoperabili, ma circoscritto alla creazione di avatar 3D con caratteristiche piuttosto limitate. 

Restando aderenti alla definizione originaria, il Metaverso è e deve essere uno solo. L’interoperabilità, assieme alla rappresentazione tridimensionale, è quindi un caposaldo su cui dovrebbe ergersi la nuova intelaiatura tecnologica. Se questo elemento fondamentale non esiste, non esiste il Metaverso, e risulta quindi impreciso cercarne il valore odierno. Chi dichiara di svilupparne i contenuti compie una semplificazione, spesso con lo scopo di insinuarsi nella nuvola di significati ad esso attribuiti per trarne mera visibilità commerciale. Allo stato attuale dovremmo quindi parlare più precisamente del valore della virtualità collaborativa, ovvero dei benefici derivanti dall’utilizzo di piattaforme basate su ambienti virtuali multiutente per la condivisione di informazioni. 

Sul tema dell’interoperabilità la strada sembra ancora lunga, ma l’interesse è vivo. Il Metaverse Standards Forum è un consorzio che riunisce, tra gli altri, mostri sacri come Meta, Nvidia, Autodesk, Adobe, Sony, Samsung ed Epic Games. Il consorzio è incentrato sulla definizione e lo sviluppo di formati 3D di interscambio (OpenUSD e GLTF) per consentire un agevole flusso di asset tra piattaforme virtuali eterogenee. 

 NVidia su questo tema sembra essere un passo avanti a tutti con Omniverse, una piattaforma collaborativa per la creazione di esperienze multiutente che utilizzano asset provenienti da diversi software di modellazione 3D grazie al formato OpenUSD. Con Omniverse si comincia a intuire la forma che potrebbe assumere il corrispettivo di un browser per il Metaverso. Viene utilizzato per il design collaborativo, dove le figure coinvolte nel processo di sviluppo prodotto possono condividere e visionare in 3D gli stati di avanzamento di un progetto. Un secondo caso d’uso riguarda l’ottimizzazione dei processi: attraverso Digital Twin di impianti industriali, potenziati dall’Intelligenza Artificiale, vengono simulati comportamenti delle macchine e flussi di persone e merci, per predire il layout più funzionale di un impianto e individuare criticità nella sicurezza e nella durabilità. 

Omniverse e i suoi campi di applicazione sono un primo indizio sulla mappa del valore della virtualità collaborativa, una prima forma di interoperabilità. Ci troviamo in ambito industriale, nel dominio dell’innovazione di processo. 

Un secondo indizio sul Metaverso arriva da Apple e Meta

Vision Pro e le ultime generazioni dei visori Quest presentano una svolta tecnologica che ridefinisce ulteriormente la concezione originaria di Metaverso. Si è assistito infatti al passaggio dal focus sulla Realtà Virtuale (VR) e sulla Realtà Aumentata (AR) al nuovo paradigma della Extended Reality (XR). La XR supera i concetti di VR e AR, proponendo un nuovo continuum in cui non esiste distinzione tra il virtuale come esperienza totalmente immersiva e l’aumentato come sovrapposizione di un layer di informazioni digitali sul mondo fisico. La XR trasforma il Metaverso in una dimensione esperienziale non più confinata all’interno di un ambiente totalmente generato dal computer, ma integrata senza soluzione di continuità con la fisicità dello spazio reale. Si prospetta quindi un Metaverso che si materializza di fronte ai nostri occhi, un portale verso una realtà altra che si integra con la nostra esperienza quotidiana e, all’occorrenza, ci trasporta in mondi totalmente sintetici, per poi riportarci ad una più rassicurante fusione con il nostro luogo ed il nostro tempo. Il valore di questo vorticoso potenziamento dell’esperienza è tutto da esplorare. Per quanto ne sappiamo oggi, là dove aggiungere informazioni digitali precisamente referenziate alla realtà fa risparmiare tempo e risorse, troviamo un valido campo di applicazione dell’Extended Reality. 

In barba all’uso corretto del termine Metaverso, questi indizi stanno dando forma a soluzioni confinate all’ambito enterprise denominate Corporate Metaverse. Si tratta di piattaforme aziendali che basandosi sulla virtualizzazione 3D dei prodotti portano vantaggi misurabili dalla fase di design alla commercializzazione. La generazione di asset 3D assume quindi un ruolo centrale in questo nuovo paradigma: il Digital Twin del prodotto diventa il collettore unico delle informazioni, reso fruibile nelle varie fasi del ciclo di vita attraverso specifici strumenti software unificati in una singola piattaforma. 

Il Corporate Metaverse

Tutto diventa più chiaro ricorrendo ad un esempio di integrazione di un Corporate Metaverse in un settore manifatturiero. 

Ipotizziamo che un brand di calzature si appresti a sviluppare una nuova collezione. Per velocizzare il time to market e ridurre la movimentazione di persone e materie prime, decide di implementare un Corporate Metaverse in cui fare confluire tutte le informazioni relative all’ideazione della nuova linea di prodotti. I designers internazionali selezionati dal brand, basati a Tokyo, New York e Parigi, iniziano a caricare all’interno della piattaforma disegni e indicazioni sui materiali. Modellatori 3D specializzati interpretano i concept e li restituiscono in forma di modelli virtuali. I modelli vengono condivisi attraverso il Corporate Metaverse, dove i designer stessi e un gruppo selezionato di stakeholders possono revisionare collaborativamente le nuove proposte per affinarne i particolari. Il tutto si svolge rapidamente, coinvolgendo attori dislocati globalmente e senza aver movimentato persone o un solo campione di materiale. I modelli 3D della nuova collezione continuano a essere migliorati grazie a veloci reiterazioni tra designer e modellatori. Alcuni concept vengono scartati, altri invece vengono condivisi virtualmente con un panel di potenziali acquirenti per ridurre il rischio di portare in collezione idee che non incontreranno positivamente il mercato. I potenziali clienti valutano sia il prodotto in genere, sia ipotesi di varianti colore e materiale: nel Corporate Metaverse possono vedere da ogni angolazione i modelli 3D in resa fotorealistica, provarli in Realtà Mista ed esprimere giudizi sulla versione da loro preferita. I Digital Twin selezionati, corredati da un corpus di informazioni, passano alla modelleria tradizionale, dove vengono utilizzati per ricavarne piani di taglio e informazioni utili allo sviluppo dei primi prototipi fisici. Le indicazioni allegate al Digital Twin riportano puntualmente gli obiettivi del designer e guidano la corretta esecuzione dei prototipi. 

Parte della collezione verrà sviluppata nel Far East. Il brand si aspetta di ridurre i voli internazionali di personale interno grazie all’ambiente virtuale di Design Review integrato nel Corporate Metaverse: un tool di telepresenza basato sulla Realtà Virtuale che abbatte spazio e tempo. Qui i responsabili dello sviluppo prodotto possono incontrare i referenti asiatici per valutare i prototipi fisici da questi realizzati, scansionati in 3D grazie a un intuitivo sistema di acquisizione fotogrammetrica. L’interazione tra gli attori è molto naturale: il senso di presenza garantito dall’uso della Realtà Virtuale permette di esaminare in tempo reale ogni aspetto dei prototipi e di fornire indicazioni precise e immediate sulle modifiche da eseguire. Rispetto al processo tradizionale di revisione dei prototipi, basato su spedizioni internazionali, questa fase si conclude con un notevole risparmio di risorse. Una volta concluso l’iter di “sdifettamento”, le modifiche apportate sui prototipi fisici vengono riportate sui Digital Twin dei prodotti: ora i modelli 3D riflettono perfettamente i prodotti che entreranno nei negozi. 

I modelli virtuali possono ora essere condivisi con il reparto Marketing che li utilizzerà per sviluppare il toolkit di strumenti comunicativi pensati per il lancio della collezione: immagini, video, configuratori di prodotto, esperienze per i punti vendita. In questo modo, i vari supporti saranno pronti all’uso con il giusto anticipo rispetto alla prossima fiera internazionale. I Digital Twin verranno successivamente resi disponibili online ai clienti finali, i quali potranno provare virtualmente i prodotti attraverso un tool in Mixed Reality, potenziando la user experience e riducendo al contempo problematiche legate ai resi. 

Con questo esempio idealizzato si vuole rappresentare un percorso di digital innovation basato sulla virtualizzazione 3D applicabile indifferentemente ai settori moda, sport e furniture. Ciascuno di questi può vedere integrate soluzioni specifiche, come ad esempio, per l’industria del mobile, quella di offrire ai clienti la possibilità di arredare interi spazi domestici con la Realtà Mista e testare infinite soluzioni di spazio, forme, colori e disposizione. 

In proiezione futura, l’integrazione di un Corporate Metaverse diventa il primo passo verso il vero e unico Metaverso interoperabile: cultura, know-how e strumenti della virtualità sono dunque asset che dovrebbero essere considerati di primaria importanza per ottenere un significativo vantaggio competitivo nel momento in cui le innovazioni tecnologiche legate al Metaverso passeranno dalla fase embrionale all’adozione di massa. 

Muoversi sulla linea di frontiera del Metaverso è un esercizio eccitante, soprattutto nella prospettiva offerta dalle innovazioni tecnologiche apportate dai visori di ultima generazione.
In metaverso.it (nome che portiamo con orgoglio da quasi vent’anni) ci siamo trovati nel tempo a mettere ordine tra centinaia di idee, provenienti da soggetti molto diversi: aziende piccole e grandi, imprenditori, startupper, semplici appassionati con una visione innovativa che necessita di essere validata da un esperto.
Questo testimonia l’interesse che oggi più che mai circonda un tema del quale, per storia e passione, ci sentiamo custodi. 

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