“Da grande” di Giulio Xhaët – non è mai troppo tardi per capire chi potresti diventare

 

I libri di crescita personale, è diceria, sono pieni di consigli inapplicabili: sveglia alle 4:30, mangia una frutto, meglio se frullato con un po’ di proteine in polvere, poi fai un’ora di sport (corri, e tieni il ritmo grazie al tuo orologio digitale multifunzione), e poi medita in silenzio per almeno venti minuti – in silenzio, mi raccomando, fallo sapere agli operai che trapanano l’asfalto da una settimana proprio sotto la tua finestra. Alle 7:30 una doccia fredda, che risveglia la muscolatura, e senza rischiare l’assideramento indossa i tuoi impeccabili vestiti per iniziare la giornata.

Forse non è poi così tanto una diceria o un pregiudizio. La verità è che, sì, molti manuali di self-help e di crescita personale mettono in campo dei consigli irrealizzabili, formule magiche per riacquistare il controllo della propria vita, per lavorare meglio e di meno, ma guadagnando di più; per vivere felici e contenti, insomma, in questi anni specchio di una frenesia incontrollata e della famigerata FOMO (la paura di essere tagliati fuori dalla vita sociale).

Quando, allora, ho letto il titolo di questo testo, Da grande, ho pensato si trattasse della solita solfa. Ma non si è mai abbastanza curiosi, quindi ho girato il libro e ho letto la quarta di copertina.

“Pensando al momento contemporaneo che ridimensiona le ambizioni e i sogni e ci fa vivere come sott’acqua, immagino Da grande come un aiuto per tornare a respirare un’aria che sa di buono.”

E poi, continua:

“Questo libro è: un percorso di domande generative per capire le vostre vocazioni; un antidoto a chi dice «Volere è potere» o peggio «Nulla si può cambiare» […]; una ricerca interdisciplinare sul nuovo mondo del lavoro.”

Giulio Xhaët rispetta le sue promesse, intraprendendo un viaggio nelle possibilità che ci aspettano: quante persone potrai diventare nei prossimi 10 anni? Forse è questa la domanda più generativa dell’intero manuale. E su questa vorrei porre l’attenzione, come fa l’autore, per spronarci ad ammirare più da vicino la bellezza dell’apprendimento.

“Le persone che nell’intimo pensano di poter cambiare tendono ad amare di più ciò che fanno, anche nei momenti difficili, apprendono più facilmente e dimostrano maggior spirito di adattamento. Il sociologo Benjamin Barber era solito ripetere: «Per me il mondo non si divide in deboli e forti, o vincenti e perdenti, ma in chi apprende e in chi non apprende.» Un ottimo esercizio mentale per allenare la propensione al cambiamento consiste nel cimentarsi in un’attività mai fatta prima. Per questo ogni tanto ci fa bene domandarci: qual è stata l’ultima volta che ho fatto qualcosa per la prima volta?

Qual è stata, dunque? Attraverso narrazioni sociologiche e racconti di chi questo apprendimento lo vive quotidianamente, l’autore ci prende per mano non per imboccare una strada già scritta e che magari dovevamo solo scoprire, ma per costruire il sentiero sotto di noi, e fatto per noi, un passo alla volta. Per farlo, Xhaët analizza quattro macro categorie, partendo dall’ansia sociale, attraversando il godimento dell’apprendimento nell’equilibrio precario fra talento e riscontro economico, per trovare il nostro flow; navigando poi nell’oceano del fallimento (che è inevitabile e che a volte, anche se non sempre, fa bene), fino a raggiungere non un traguardo ma la consapevolezza di poter lasciare, in qualche modo, il segno nel mondo che tutti sogniamo.

Ma non è solo un racconto motivazionale. Attraverso le interviste e gli studi riportati (dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi al professore Alessandro Cravera), Da grande analizza dei comportamenti sistemici che ci ingabbiano in schemi mentali ripetenti e fallimentari: il sentimento di svantaggio, ad esempio, o la critica della società della performance; e poi la paura del futuro nell’incertezza che caratterizza molti aspetti del mondo lavorativo. Non assolutismi, quindi, poiché l’autore non pretende di fornire una risposta pronta per ognuno, ma dà gli strumenti necessari affinché tutti possano analizzare le proprie motivazioni, allo scopo di trovare la nostra (o le nostre!) purpose.

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