IA e creatività umana. Le intelligenze della parola.

E se i sonetti di Shakespeare risultassero meno suggestivi rispetto a quelli composti dall’intelligenza artificiale? 

Un simile incipit potrebbe apparire irriverente per qualsiasi tipologia di testo. Non ci sono, tuttavia, valide motivazioni per desistere dal cominciare proprio così, in quanto spesso si accarezza con il pensiero l’idea che l’IA possa eguagliare, se non superare, in forma e stile, nonché in potenza espressiva, le composizioni letterarie tipicamente umane. 

In un interessante studio – pubblicato per la 56ª Riunione annuale dell’Associazione per la linguistica computazionale, a Melbourne – è stato indagato il tema, effettuando un paragone tra i sonetti scritti dall’IA e quelli incisi dell’eterna penna shakespeariana. Già nel 2018 è emerso come l’IA fosse in grado di produrre versi che per struttura metrica e rima risultassero addirittura più accurati e rigorosi rispetto a quelli del drammaturgo inglese. Pensare che un non professionista possa essere incapace di distinguere un verso dell’immortale poeta da un verso dell’IA ci fa rendere conto di come i nostri passi vacillino e si facciano più incerti, soprattutto davanti a una travolgente evoluzione dell’IA, che ciascuno segue con vivace interesse e sperimenta quotidianamente. 

Sapere che attraverso alcuni siti è possibile chiedere a una chatbot di produrre versi somiglianti a quelli del nostro Shakespeare, quale reazione provoca in noi lettori? 

L’IA ha reso evidente la propria abilità nel proporre contenuti articolati, dei più svariati generi letterari, anche se ci sorprende osservare come ormai riesca a condividere le forme più suggestive dell’espressione umana. Immaginarsi una composizione scritta dall’IA farebbe pensare ad articoli, saggi, testi tecnici: di certo, conosciute le difficoltà nella condivisione di sentimenti ed emozioni, e la mancanza di un estro creativo, attira la nostra attenzione la sua capacità di produrre componimenti poetici e rime.  

“Tra i complessi intrecci di materia e pensiero, 

Si svela il mistero dell’universo, vero e solenne. 

In dialogo perpetuo, tra teorie e concetti, 

Fisica e riflessione si incontrano, senza confini.” 

Si tratta di quattro versi liberi e sciolti dall’obbligo di rima che, in una deliziosa sintesi, evocano la posizione di W. K. Heisenberg, pubblicata nel 1958, in merito alle nuove conoscenze acquisite nel campo della fisica e al conseguente cambio di prospettiva in corso nel ’900. A interessare, del presente saggio e in questo contesto, è la riflessione compiuta sul linguaggio – nel capitolo ad esso dedicato – attraverso cui si evince la struttura del linguaggio logico, utilizzato nelle dimostrazioni fisico-matematiche, e la forma dello stesso; ma specialmente la necessità, avvisata dall’autore, di trovare un linguaggio consono a esprimere in maniera adeguata le nuove scoperte, di trovare un lessico opportuno a concetti nuovi. 

Questo non sempre è il linguaggio della matematica, diventa bensì quello della poesia, che può fare uso di espressioni figurate (proprio ciò che avviene nel passo di Goethe citato da Heisenberg). 

Dunque la quartina riportata in precedenza, composta da Chat GPT, risulta ancor più particolare: seppure sia il prodotto di un linguaggio informatico, è in grado di trasmettere un significato altro, diverso da ciò che il linguaggio logico – ad esempio il codice utilizzato dal programma – porta con sé. Si pensi alle immagini che sono evocate nel lettore dalle parole usate, agli stimoli forniti dal contesto in cui i versi sono stati inseriti, può trattarsi anche delle circostanze in cui il lettore si trova al momento, oppure delle sensazioni scatenate o suscitate in chi legge. 

Sicuramente affascinante come riflessione, ma perché intraprendere un simile discorso, perché addentrarsi in una simile lettura? Proprio per il fatto che non è più possibile immaginare la propria vita senza la lettura, che si tratti di un manuale di fisica da dover sfogliare, di un dramma in versi, oppure di una raccolta di sonetti, senza scordarsi la guida relativa all’ultima versione del prodotto da noi offerto al cliente, che ci attende composta in un angolino del nostro desktop, o chiusa in una cartella compressa. La lettura è ormai svolta in maniera automatica: quando, banalmente, si prende dalla tasca il telefono, oppure quando ci impegniamo in dense indagini sulla lettura dei dati, per mettere in luce la soluzione migliore per i nostri clienti. La potenzialità della parola, e soprattutto nella parola, è quel qualcosa con cui ci si interfaccia quotidianamente: nel momento in cui avviene il confronto con un’altra persona, quando si parla rivolgendosi a se stessi e quando leggiamo. 

L’ultimo punto qui interessa maggiormente, in quanto, proprio attraverso la lettura, si dischiude a noi a brave new world, che altrimenti rimarrebbe inconoscibile. 

Le opere e i componimenti di un autore sono stimati per il modo unico e avvincente con cui sono in grado di esprimere l’autenticità dell’animo umano, con cui sono in grado di vedere alla realtà in maniera sognante e visionaria, per motivi che vanno ben oltre le regole e i canoni stilistici: sono apprezzati per via delle parole nuove o dei differenti significati con cui è possibile avvicinarsi un poco di più al bello, al vero, o a un ordine che vogliamo imporre alla realtà per renderla un luogo conosciuto. 

La letteratura colpisce i nostri sensi e ci avvolge attraverso le emozioni da esse suscitate, per le idee da essa generate, che si mantengono integre nonostante il trascorrere del tempo, nonostante il mutare delle epoche e delle condizioni socio-economiche. Che a distanza di secoli, se non millenni, sia possibile rivivere le stesse emozioni raccontate dai grandi poeti, dai drammaturghi e scrittori, è sorprendente e non smette mai di incantarci. 

Le parole hanno una incredibile capacità di abbattere le distanze e rimanere impresse indelebilmente, soprattutto quando rileggiamo insistentemente righe e pagine che più di tutte ci fanno sognare, desiderare e sperare, sapendo che mai si ridurranno a cenere. Per questo non ci è difficile percepire e comprendere il desiderio di vendetta dell’Amleto, oppure avvicinarci alla posizione di Heisenberg: sogniamo quando quelle parole riecheggiano in noi e quelle parole lasciano una traccia permanente.  

Le parole si fanno foriere di emozioni e sentimenti, ma è principalmente attraverso di esse che noi rileviamo i cambiamenti nel corso delle differenti epoche, o li generiamo. Le parole, con la loro storia, la loro origine, con i vari significati che assumono nel corso del tempo – non definiscono solo oggetti o concetti – esprimono ciò che noi siamo e ciò che noi vogliamo si rifletta in esse. 

Lo stesso uso di “intelligenza artificiale” (espressione esistente dal 1955), ad esempio, posiziona davanti allo sguardo una potente lente che contribuisce a guardare al complesso e articolato sistema di algoritmi che ne è alla base, quasi con affetto, a volte con timore.  

Davanti a un dispositivo capace di rispondere e di ribattere come farebbe un essere umano (a volte anche meglio di un essere umano) diventa ancora più facile per noi “umanizzarlo”, trattarlo come se fosse un pari. Più che parlare di umanizzazione, sarebbe corretto definirlo come antropomorfismo, l’attribuzione di forme e sentimenti umani a realtà differenti da quella umana. Lo riscontriamo abitualmente quando si rivolge una supplica al computer che mostra da fin troppo tempo la rotellina di caricamento, o quando si apostrofa nervosamente il programma che non ha salvato le modifiche apportate. 

In fin dei conti non facciamo che avvicinare a noi tutto ciò che ci circonda, ci proiettiamo negli oggetti, e viceversa, attribuendo un’anima a ciò che un’anima non possiede. 

Sebbene la struttura della mente artificiale possa in qualche modo essere simile alla mente umana, le divergenze tra le due sono particolarmente ampie. Il fatto che per entrambe si possa fare riferimento a reti neurali, nonostante le profonde differenze che intercorrono tra loro, non è tuttavia un gioco linguistico. 

Pertanto, varrebbe la pena d’indagare, seppur schematicamente, le differenze tra le due, per comprendere come alla base della lettura e della scrittura si attivino circuiti tra loro diversi e soprattutto per conoscere il nostro approccio a realtà tra loro differenti, che portano nomi analoghi.  

Dare uno sguardo più da vicino a come leggiamo, a come avviene la trasformazione da simboli a concetti e idee, è il punto di partenza che ci permetterà di comprendere più in profondità l’impatto dell’IA e di conoscere quali siano gli strumenti che ora abbiamo a disposizione. 

Dal punto di vista biologico, nel particolarissimo modo con cui si svolge la lettura, ad essere coinvolti sono principalmente due sensi, la vista, che consente la lettura in sé, e il suono del linguaggio. 

Specifiche aree cerebrali si attivano e rispondono allo stimolo. Attraverso distinti processi, è possibile decodificare una serie di simboli, in contenuti comprensibili e familiari. 

Per mezzo dell’occhio – analogo a un dispositivo di scansione – è rilevato ed esaminato il testo, una riga alla volta, è percepita principalmente la sequenza delle lettere posizionate all’interno di una parola, di una frase, di un paragrafo; poco rilievo è invece attribuito alle variazioni di font oppure alla grandezza dei caratteri. 

Le varie lettere che compongono le diverse parole sono poi convertite nei suoni che abbiamo imparato ad associare al linguaggio nel corso dell’infanzia; ciò accade anche quando la lettura è muta, fatta per noi soltanto. Di solito, però, la mente umana consente, per le parole già conosciute, di accedere prima al senso e solo successivamente di passare alla pronuncia della parola stessa. In automatico, dal brano o anche dalla composizione della parola in sé, si è in grado di associare il significato più appropriato e adeguato al contesto ed è possibile iniziare a cogliere il significato di quanto si sta leggendo. 

Un aspetto particolare, da dover enfatizzare, concerne i circuiti del cervello impiegati durante la lettura, che non sono aree geneticamente specializzate e adibite unicamente a questo scopo, non si sono sviluppati nel corso del tempo per far fronte a questa unica attività. 

Le reti neurali presenti sono piuttosto rimodellate per far fronte alla lettura, tanto che, quando si legge, si verifica un “riciclaggio neuronale” o “sfruttamento neurale”. 

La lettura si è sviluppata mediante il passaggio dalle arti figurative a immagini stilizzate, dalla semplificazione in simboli, fino ad arrivare alla scrittura così come la utilizziamo oggi. 

Non solo: la parola scritta ha condotto a una evoluzione che ha permesso il transito dalla memorizzazione dei dati a una loro consultazione.  

Inizialmente, ad esempio, i grandi poemi erano tramandati oralmente e la ricchezza di espressioni ricorrenti, di rime e figure retoriche consentiva al poeta di ricordare e cantare con destrezza testi di un’importante difficoltà, prima ancora che la scrittura arrivasse a fissarli. 

Attualmente, per mezzo dell’IA, si assiste a un processo che non si discosta dall’imponente evoluzione a cui ha condotto il linguaggio scritto: si ha a disposizione uno strumento capace di assorbire enormi quantità di informazioni, un mezzo in grado di fruire di queste informazioni per una sua evoluzione, e per giunta capace di restituire, a chi pone quesiti o formula richieste, le informazioni apprese in precedenza, in forma di risposta. Un potente sintetizzatore capace di portare a un approfondimento multidisciplinare impossibile da raggiungere da parte di un solo essere umano, così come i nostri computer raggiungono una potenza e rapidità di calcolo impossibile per la mente umana. 

La svolta ci risulta epocale perché vediamo mutare il modo in cui ci approcciamo a una simile quantità di dati, con cui leggiamo le informazioni presenti sul web e con cui le consultiamo.  

Conoscerci nel momento in cui leggiamo o scriviamo, permette di comprendere come tutte le più recenti scoperte stiano trasformando, più di ogni altra cosa, il nostro modo di vivere e interpretare la realtà. La cognizione di ciò consente di prendere consapevolezza delle nostre nuove libertà e responsabilità. 

È necessario sviluppare uno sguardo critico che permetta di comprendere come utilizzare al meglio l’IA, sapendo che la bontà di questo strumento dipende dall’utilizzo che se ne fa, dal modo in cui lo si adopera.  

Il presente scritto tende in tale direzione, fornendo ulteriori mezzi che consentano di essere utilizzatori capaci di cogliere anche gli elementi più critici dell’IA. 

Abbiamo già parlato di scrittura e intelligenze artificiali, in questo articolo.  

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